LA LETTERATURA SPAGNOLA – PARTE III (Il Novecento)
di A. Bislenghi
E’ comprensibile, come prevedibile che il Novecento sia il secolo meglio rappresentato sugli scaffali della nostra biblioteca: quarantaquattro autori (trentadue dei quali, viventi) con sessantacinque schede.
Comprensibile, perché il Novecento è stato il secolo degli autori e dei lettori. Rispetto al passato, gli scrittori non erano più solamente figli della nobiltà o membri della chiesa, unici “autorizzati” a poter divulgare le proprie idee e spesso unici fortunati a poter vivere – agiatamente – anche senza guadagnare un soldo con i loro libri. Nel Novecento la letteratura è a portata di tutti, ed esce dai salotti della buona società, dalle sacrestie, dai conventi, e scende per strada, va nelle piazze, nei mercati, nei porti, nelle fabbriche. Qui nascono i nuovi autori e qui sono reclutati i nuovi lettori. Ma chi sono? Studenti, anzitutto. Ma anche impiegati, domestici, funzionari pubblici e perfino operai. Tutti coloro ai quali l’accesso all’istruzione ha dato non solo la capacità di leggere e di saper tracciare sulla carta qualcosa di più della propria firma, ma soprattutto l’abilità di porsi delle domande. Di ogni tipo. Sul senso della vita, sulla politica, sul futuro e, ovviamente, sull’amore. E’ comunque una letteratura di e per cittadini: le campagne restano escluse da questo fermento nuovo e lo resteranno fino alla metà degli anni settanta, con la fine del franchismo.
I filmati che rappresentavano, ancora nel dopoguerra, una Spagna rurale profondamente, spaventosamente arcaica non erano, una volta tanto, un’invenzione di propaganda: erano una dura realtà. E poiché il regime non teneva particolarmente a veder diffuse fuori dal paese le immagini di una Spagna tanto più primitiva rispetto al resto d’Europa, quei filmati sono assai rari.
Quel che è accaduto a partire dagli anni Ottanta – la ormai celebre movida – è un fenomeno che ha interessato ancora una volta le città (soprattutto Madrid), ma ha avuto il potere di trascinare con sé anche il resto del paese, che ha abbandonato in massa le campagne. I campi spagnoli, che agli occhi dei turisti stranieri appaiono oggi ubertosi e lindi quant’altri mai, sono il risultato di una politica realista affrontata dai governi del dopo-Franco, che hanno affidato le terre a grandi o grandissime aziende, che hanno saputo farle fruttare anche in una zona dal clima così estremo come la Castiglia grazie ad una potente meccanizzazione.
Come si è ripercosso questo dualismo sulla letteratura? Con la creazione di due filoni distinti: uno urbano, o suburbano, dallo stile asciutto, nervoso, drammatico; l’altro rurale, nostalgico, elegiaco. Spesso un autore ha coltivato entrambi i generi: è frequente che un grande nome della letteratura del Novecento, vissuto e morto a Madrid, a Barcellona, o all’estero – per motivi che si vedranno tra poco – fosse figlio di contadini immigrati in città o fosse egli stesso un fuggiasco di quelle campagne dove la miseria era talmente evidente da non potervi sfuggire se non con l’emigrazione o con la morte per fame.
Come scrivevo all’inizio, è anche prevedibile che il XX secolo sia così rappresentato nelle nostre biblioteche perché il Novecento spagnolo è stato un periodo quanto mai interessante e ricco di spunti, sia per i letterati di professione, sia per i dilettanti talentuosi.
Della traiettoria storica della Spagna tra Otto e Novecento, in parte si è già detto. I tumulti, le sedizioni, gli attentati; una grande instabilità politica, un’altrettanto grande insofferenza nei confronti della monarchia e della Chiesa – due istituzioni che non solo non sembravano più in grado di rappresentare il popolo, ma addirittura parevano agire contro di esso – sono il pane quotidiano di inizio secolo; ad essi bisogna aggiungere due brevi periodi repubblicani inframmezzati da una dittatura paramilitare ed infine un grande, tragico epilogo, con la Guerra civile del triennio 1936-1939.
Quindi, un quarantennio di sonno profondo, voluto dai nazionalisti del generalissimo Francisco Franco, usciti vittoriosi dal conflitto. Il sonno della ragione, per dirla con le parole di Rousseau; un’epoca in cui per strada bisognava camminare a capo chino e badare soprattutto ai fatti propri. Eppure, anche in questi quarant’anni di regime (curiosa anomalia nel panorama europeo, dato che Spagna e Portogallo furono i due soli stati usciti dalla guerra con un governo di ideologia fascista) non mancarono gli scrittori che seppero scrivere pagine originali, di altissima qualità e persino molto coraggiose. Scrittori come Camilo José Cela (Divieto di accesso ai non addetti ai lavori; La famiglia di Pascual Duarte) o Jacinto Benavente (Il pasto delle belve; Teatro), entrambi insigniti del premio Nobel, o Rafaél Sánchez Ferlosio (Il Jarama) e la moglie Carmen Martín Gaite (Nuvolosità variabile), che scelsero di rimanere in Spagna, pur sapendo di dover sottomettersi ad una censura tutt’altro che benigna; altri, che si trovarono – per scelta o per caso – dalla parte “sbagliata”, furono costretti all’esilio, come Rafaél Alberti (Degli angeli), che visse a Roma fino alla morte di Franco, o come Emilio Prados (Memoria dell’oblio) che morirà esule in Messico nel 1962, o ancora come Juan Goytisolo (L’isola; La risacca), che pure dopo la fine della dittatura non seppe riconoscersi nella nuova Spagna e preferì restare in Marocco fino alla fine dei suoi giorni. Infine, uomini come il poeta Miguel Hernández (Canzoniere e romanzero di assenze), rimasto ostinatamente in Spagna da oppositore del regime, imprigionato e morto di stenti in carcere nel 1942. Non sono mancati, naturalmente, anche i sostenitori, più o meno caldi, al regime nazionalista. Fra questi, Juan Antonio Vallejo-Nágera, autore di Io, il re (Yo, el rey) libro vincitore di un importante premio letterario.
Gli autori spagnoli veramente “contemporanei”, le cui opere sono presenti sugli scaffali della nostra biblioteca, sono ventidue. E per contemporanei non intendo necessariamente viventi, perché già uno di loro, il celeberrimo Carlos Ruíz Zafón è scomparso lo scorso anno. Contemporanei perché si sono lasciati alle spalle la tragedia della guerra civile e gli anni oscuri del franchismo, e hanno costruito la loro letteratura su una Spagna nuova, proiettata verso l’Europa e sensibile, molto più di quanto non ci si potrebbe aspettare, verso le tematiche e le problematiche che agitano la società di oggi. Non li possiamo, per ovvie ragioni di spazio, nominare tutti. Ci limitiamo pertanto a segnalare i nomi più significativi, in una scelta senz’altro opinabile, che non risponde ad altri criteri che a quello della popolarità da essi raggiunta fuori dalla Spagna. Anzitutto Matilde Asensi, presente con sei opere, o Clara Sánchez, con cinque, o María Dueñas, specialista nel campo del romanzo storico, e tradotta in 25 lingue, a riprova del grande favore che gode ormai la letteratura femminile in Spagna e all’estero. Poi Javier Marías, presente con tre opere, e conosciuto già ai lettori liguri per essere stato vincitore, nel 2008, del premio internazionale Città di Alassio e infine Antonio Muñoz Molina, autore di una ventina di opere di narrativa e di quasi altrettanti saggi di storia e letteratura.
Ora due parole sulla letteratura mancante: chiunque abbia l’opportunità di consultare una storia letteraria – si veda ad esempio: Centouno capolavori spagnoli; oppure Narratori spagnoli del Novecento; o ancora Storia della civiltà letteraria spagnola, di F. Meregalli – si renderà conto delle grandi lacune presenti sugli scaffali della nostra biblioteca. Il vuoto, e il silenzio che ne consegue si fanno ancor più assordanti se prendiamo in considerazione la letteratura contemporanea. Ho avuto l’opportunità di consultare un interessante ed utile lavoro di Nuria Pérez Vicente, edito una quindicina d’anni fa e dedicato alle edizioni italiane delle opere di narrativa spagnola del secolo XX. In questo studio, molto approfondito, ma certo non esaustivo, compare una novantina di nomi. Di questi, solo una ventina – e tutti con una sola opera – sono presenti in biblioteca. Poco più del venti per cento, in sostanza. Pochi, perché si possa dire che la nostra Biblioteca Civica disponga di una finestra aperta sulla letteratura spagnola contemporanea.